A cura della dott.ssa Romina Barone
DIVENTARE PADRE
La paternità è uno degli eventi
fondamentali nella vita di un uomo, è
naturale che essa scateni intensi e complessi sentimenti.
Gli uomini solitamente tendono a non
parlare delle proprie emozioni, la cultura in cui viviamo non incoraggia
affatto le discussioni e il confronto su quelle che possono essere le loro
aspirazioni, speranze, gioie, preoccupazioni o paure.
Si dà quasi per scontato che gli
uomini siano forti, sicuri, aggressivi, sempre capaci di affermare se stessi e
le emozioni vengono viste come sinonimo di fragilità; una visione così
ristretta impedisce ad un padre di confrontarsi con le sue emozioni più vere e
profonde.
Il processo attraverso il quale si
diventa “padre” è un’esperienza che si sviluppa gradualmente, simile a quella
della gravidanza, ma con i suoi tempi e ritmi specifici.
La nascita di un figlio può essere
per ogni padre un processo di vero e proprio risveglio e scoperta, che può
offrirgli la possibilità di raggiungere una visione più ampia e profonda del
mondo.
E’ fondamentale che l’uomo passi
quanto più tempo è possibile con la madre e con il figlio, che si assuma
qualche compito preciso nella cura del bambino, questo accrescerà la competenza
e aumenterà la fiducia in se stessi.
Inoltre prendere delle iniziative
nell’allevare il bambino appena nato può avere delle ripercussioni estremamente
importanti per il rapporto di coppia: quando una donna diventa madre spesso si
sente gravata della fatica e delle responsabilità che comporta prendersi cura
del figlio, la partecipazione dell’uomo quindi la solleva dalla sensazione di
essere sola ad affrontare un compito così impegnativo.
Il periodo iniziale dopo la nascita
del bambino può essere un momento molto difficile per la vita di coppia in
quanto entrambi i neo genitori sono sottoposti a forti tensioni emotive.
E’ facile che la donna attraversi
dei momenti di depressione, tristezza, che sia spesso in lacrime, o si faccia
prendere dall’ansia (baby blues, depressione post partum).
E’ una fase in cui la donna si sente
ipercritica nei confronti di se stessa o pretenda troppo da sé, oppure prova un
forte senso di insicurezza per il nuovo ruolo di madre e di paura per il
cambiamento avvenuto nella sua vita. Dopo la nascita di un bambino può capitare
che la donna non si senta così felice come pensava di essere. Al contrario, può
sentirsi triste senza motivo, irritabile, incline al pianto, “inadeguata” nei
confronti dei nuovi ed impegnativi compiti che la attendono.
Nella maggior parte dei casi questo stato d’animo è del tutto fisiologico e passeggero, nel giro di pochi giorni questi sentimenti negativi passano e la donna può godere appieno della vicinanza del suo piccolo. Si parla in questi casi di “baby blues”, uno stato depressivo temporaneo e senza nessuna conseguenza. Si stima che circa il 70%-80% delle donne soffra di questo disturbo.
Ben più seria, e sicuramente da affrontare con l’aiuto di uno specialista, è la “depressione post-partum”, che colpisce circa il 10% delle donne che hanno avuto da poco un bambino.
Nella maggior parte dei casi questo stato d’animo è del tutto fisiologico e passeggero, nel giro di pochi giorni questi sentimenti negativi passano e la donna può godere appieno della vicinanza del suo piccolo. Si parla in questi casi di “baby blues”, uno stato depressivo temporaneo e senza nessuna conseguenza. Si stima che circa il 70%-80% delle donne soffra di questo disturbo.
Ben più seria, e sicuramente da affrontare con l’aiuto di uno specialista, è la “depressione post-partum”, che colpisce circa il 10% delle donne che hanno avuto da poco un bambino.
COS’E’ LA DEPRESSIONE POST PARTUM
Si possono identificare una serie di cambiamenti che avvengono dopo il parto e che possono portare ad uno stato depressivo:
Cambiamenti a livello fisico
Il livello di ormoni, quali l’estrogeno
e il progesterone, cade drammaticamente nelle ore successive al parto.
Può essere presente una spossatezza dovuta al travaglio e al parto o alla necessità di riprendersi da un intervento chirurgico in caso di taglio cesareo.
Può essere presente una spossatezza dovuta al travaglio e al parto o alla necessità di riprendersi da un intervento chirurgico in caso di taglio cesareo.
Aspetti
emotivi
Gli aspetti emotivi che possono
influire sull’autostima della donna e sulla sua capacità di affrontare lo
stress del puerperio sono:
- Sensazione di inadeguatezza
- Percezione di uno scarso sostegno da parte del partner
- Aver vissuto di recente eventi stressanti importanti
Credenze rispetto all’essere madre
- Sensazione di inadeguatezza
- Percezione di uno scarso sostegno da parte del partner
- Aver vissuto di recente eventi stressanti importanti
Credenze rispetto all’essere madre
Molto spesso si ritiene che la
maternità sia solo una “questione di istinto”, ma non è facile gestire un
neonato, alcuni aspetti della cura di un neonato vanno appresi, così come
qualsiasi altra abilità nella vita.
Bisogna inoltre confrontarsi con
l’idea che il figlio “sarà perfetto”. Non sempre (o quasi mai) i bambini sono
così come ce li siamo immaginati. A cominciare dall’aspetto fisico, per non
parlare dei ritmi sonno-veglia, dell’alimentazione, etc.
Anche la convinzione che la donna sarà “una madre perfetta” è un vissuto con il quale si dovrà fare i conti perché una donna può pensare di non essere all’altezza del suo compito, di essere inetta se non riesce a fare “tutto e bene”.
I sintomi che possono far sospettare una depressione post-partum includono:
Sentirsi quasi sempre irrequiete o irritabili
Sentirsi tristi, depresse o avere molta voglia di piangere
Non avere energie
Mal di testa, dolori addominali, tachicardia, difficoltà a respirare
Insonnia
Inappetenza e perdita di peso
Mangiare in maniera eccessiva e sovrappeso
Difficoltà di concentrazione e di memoria, non riuscire a prendere delle decisioni
Preoccupazione costante nei confronti del bambino (in assenza di problemi oggettivi)
Disinteresse nei confronti del bambino
Sentimenti di colpa e di disistima
Timore di poter fare del male al bambino o a se stesse
Perdita di interesse o piacere in ciò che si fa
Se una donna sta sperimentando questi sintomi e se lo stato depressivo è serio e interferisce con lo svolgimento delle sue attività quotidiane, allora non deve esitare a rivolgersi ad uno specialista. E’ importante affrontare seriamente la depressione post-partum perché può avere delle conseguenze a lungo termine sulla vita della donna che la sta sperimentando e su quelle della sua famiglia, soprattutto del neonato.
Anche la convinzione che la donna sarà “una madre perfetta” è un vissuto con il quale si dovrà fare i conti perché una donna può pensare di non essere all’altezza del suo compito, di essere inetta se non riesce a fare “tutto e bene”.
I sintomi che possono far sospettare una depressione post-partum includono:
Sentirsi quasi sempre irrequiete o irritabili
Sentirsi tristi, depresse o avere molta voglia di piangere
Non avere energie
Mal di testa, dolori addominali, tachicardia, difficoltà a respirare
Insonnia
Inappetenza e perdita di peso
Mangiare in maniera eccessiva e sovrappeso
Difficoltà di concentrazione e di memoria, non riuscire a prendere delle decisioni
Preoccupazione costante nei confronti del bambino (in assenza di problemi oggettivi)
Disinteresse nei confronti del bambino
Sentimenti di colpa e di disistima
Timore di poter fare del male al bambino o a se stesse
Perdita di interesse o piacere in ciò che si fa
Se una donna sta sperimentando questi sintomi e se lo stato depressivo è serio e interferisce con lo svolgimento delle sue attività quotidiane, allora non deve esitare a rivolgersi ad uno specialista. E’ importante affrontare seriamente la depressione post-partum perché può avere delle conseguenze a lungo termine sulla vita della donna che la sta sperimentando e su quelle della sua famiglia, soprattutto del neonato.
IL
RUOLO PATERNO
In questo periodo così delicato è
necessario che l’uomo offra il suo sostegno alla donna, ma spesso viene
trascurato che anche l’uomo possa sentirsi vulnerabile, ansioso e confuso;
pertanto entrambi i partner hanno bisogno di sostegno e comprensione, e
naturalmente ognuno dei due si aspetta che questo aiuto gli arrivi dall’altro. E’
un momento cruciale per la vita della coppia, se viene affrontato e superato
nel modo giusto può arricchire e rendere più vivo il rapporto rafforzando
l’intimità, allo stesso tempo permetterà all’uomo di sentirsi più vicino al
figlio .
Saper accettare aiuto e sostegno non
è però così facile, l’uomo può avvertire una certa riluttanza a parlare dei
propri problemi, chiudendosi in se stesso incapace di esprimere ciò che prova e
pensa, vorrebbe aprirsi ma prevale la confusione perché tutto sembra emergere
di colpo, ogni genere di emozione o di esigenze.
Tutti intorno presuppongono che
l’unica conseguenza che si ha dall’essere diventati padri è che ci si debba
sentire solo al colmo della gioia, in effetti è così ma è anche normale che
emergano altri sentimenti: paura, ansietà, preoccupazione circa l’effettiva
capacità di guadagnare a sufficienza per mantenere la famiglia, tristezza per
ciò che può essere considerato come una perdita della propria libertà e
incertezza su ciò che significhi davvero essere padre.
Condividere con la propria compagna
i timori e le incertezza cercando di comprendere i suoi stati di ansia o di
paura è una cosa importantissima, altrettanto fondamentale è cercare di parlare
chiaramente dei problemi, altrimenti tenderanno a manifestarsi e ad interporsi
sempre nella coppia attraverso scatti d’ira, pretese o atteggiamenti critici o
astiosi dell’uno nei confronti dell’altro.
Nella nostra società, con i suoi
continui e rapidi mutamenti, non viene dedicato molto spazio al sostegno nel
fronteggiare lo scompiglio e la gioia del processo attraverso cui si diventa
genitori. Così i padri devono cavarsela da soli, senza un aiuto o una guida
sicuri; quindi, essere in grado di accettare i propri sentimenti negativi e condividerli
con altri è qualcosa che può servire ad alleggerire, almeno in parte, le
tensioni cui si è sottoposti.
E’ questo il momento giusto per
parlare con altri papà, è un grande sollievo apprendere di non essere soli
nella propria battaglia, di non essere gli unici a nutrire sentimenti negativi,
e che questi possono accompagnare benissimo il senso di orgoglio, l’amore e la gioia
che si provano per il proprio figlio.
Frequentare un gruppo di genitori
può essere d’aiuto nell’analizzare sentimenti che prima erano tenuti nascosti e
che insieme si possono invece ammettere senza provare dei sensi di colpa e può
inoltre contribuire ad affrontare lo stesso discorso con la propria compagna.
Potrebbe essere molto utile infatti
confrontarsi con altri papà, magari con quelli che hanno frequentato lo stesso
corso di accompagnamento alla nascita.
Parlando con altri genitori l’uomo
condividerà la sensazione che il punto focale della sua vita è cambiato, si
percepirà sotto una luce diversa, come genitore, e in questo nuovo ruolo
sentirà di avere una responsabilità più grande, non solo per quanto concerne i
problemi pratici di ogni giorno, ma soprattutto riguardo al futuro del proprio
figlio e alle sue capacità di essere un
bravo papà.
E’ nel confronto con gli altri
genitori che ognuno potrà esprimere gli interrogativi che lo assillano e
parlare apertamente delle proprie speranze di padre. Gli altri genitori sono
infatti la chiave per scoprire nuovi aspetti si se stessi e per affrontarli in
modo positivo.
La loro presenza è quindi di grande
aiuto per rigenerare le energie, per trovare più forza e determinazione per
andare avanti in quel processo a volte tanto difficile, ma nello stesso tempo
così gratificante, che accompagnerà l’uomo nella sua nuova identità di padre.
Sperimentare un senso di
frustrazione continua e di irritazione nei confronti del figlio, senza avere la
possibilità di un aiuto, può costituire una situazione esplosiva.
Far finta di ignorare il
risentimento che si prova serve soltanto a farlo crescere e a dargli più forza;
e dal momento che i sentimenti negativi nei confronti del bambino sono
estremamente difficili da ammettere, la situazione può trasformarsi in una vera
e propria impasse.
Comprendere ed accettare la
genitorialità significa riconoscere anche le emozioni negative, la rabbia e
l’egoismo, anche se ciò significa andare contro la visione convenzionale
dell’essere genitori.
Diventare genitori non significa
solo essere felici per l’arrivo di un bambino, implica un profondo cambiamento
interiore la cui tensione psicologica viene considerata uno dei fattori
predisponenti la depressione post partum.
Vivere con una donna che è cambiata
improvvisamente e dover affrontare il divario tra le fantasie sul ruolo di
genitori e la realtà dei fatti è ancora più difficile per l’uomo in quanto
l’aiuto sociale è anche inferiore a quello offerto alla donna ed inoltre il
concetto di paternità è meno definito di quello di maternità.
La sofferenza degli uomini poi può
essere anche maggiore in quanto, al contrario delle donne, essi sono meno
abituati a manifestare e condividere le proprio emozioni. Poter parlare del
proprio malessere può essere difficile e doloroso ma la mancanza di
comunicazione in una coppia dopo la nascita di un figlio può portare a
conseguenze ancora più gravi.
Per entrambi i genitori si può
intervenire aiutandoli a parlare delle loro ambivalenze e dei vissuti di
aggressività che possono avere nei confronti del bambino, dandogli la
possibilità di esternare emozioni e pensieri ritenuti inaccettabili, contribuendo
così all’attenuazione dei sensi di colpa affermando che eventuali sentimenti
negativi sono normali in questo periodo.
Questo favorisce il raggiungimento
della consapevolezza che diventare genitori è un percorso dove si possono anche
commettere errori e da questi errori si può imparare molto.
In caso di depressione post partum
l’aiuto di parenti e amici è senz’altro prezioso ed auspicabile ma molte volte
è importante ricorrere anche ad un aiuto esterno e rivolgersi ad un
professionista.
La depressione scatenata dall’arrivo
di un figlio resta un grande tabù: tutti si aspettano che la nascita sia un
momento di gioia, quindi le vittime della depressione post partum vivono
un’insopportabile vergogna che molto spesso impedisce loro di cercare aiuto
all’esterno.
STUDI
SULLA DEPRESSIONE POST PARTUM NEGLI UOMINI
Recenti studi hanno dimostrato che
la depressione post – partum interessa il 10% degli uomini nel periodo
strettamente precedente la nascita e quello immediatamente successivo ma la
percentuale è destinata ad aumentare fino al 25% quando il bambino ha tra i 3 e
i 6 mesi di vita.
Il nuovo fenomeno è stato
evidenziato in uno studio della Eastern Virginia Medical School di Norfolk
pubblicato sul Journal of American Medical Association, il tasso globale di
“baby blues” registrato tra i papà – che generalmente interessa tra il 10 e il
30% delle neomamme – è del 10,4% .
Lo studio, condotto analizzando i
dati di 43 studi differenti per un totale di 23 mila uomini, ha evidenziato
anche un’associazione tra il rischio di depressione materna e paterna: se uno
dei genitori è già depresso, l’altro corre un rischio maggiore di incorrere
nella baby blues.
Gli indicatori del possibile arrivo
di una depressione post partum paterna sono: stato d’animo triste o depresso,
perdita di interesse per le attività solitamente amate, affaticamento, disturbi
del sonno, perdita di appetito, irritabilità e sensazioni di oppressione.
Una delle possibili cause è
sicuramente lo stress provocato dal nuovo assetto familiare: la nascita di un
figlio è universalmente riconosciuta come un evento gioioso ma è allo stesso
tempo un cambiamento ad alto impatto psicofisico per tutta la famiglia.
I sintomi, come nel caso della depressione post-partum femminile, sono ansia e senso di colpevolezza immotivati, paura, panico, senso di inadeguatezza e inefficacia rispetto agli eventi, insonnia, crisi di pianto e pensieri autodistruttivi.
I sintomi, come nel caso della depressione post-partum femminile, sono ansia e senso di colpevolezza immotivati, paura, panico, senso di inadeguatezza e inefficacia rispetto agli eventi, insonnia, crisi di pianto e pensieri autodistruttivi.
Che esistesse una grande
vulnerabilità anche nei padri rispetto al cambiamento che si verifica con la
nascita di un figlio era stato già dimostrato da una ricerca condotta in
Inghilterra nel 1965 da due psichiatri dell´Università di Birmingham, Trethowan
e Conlon, sul comportamento del futuro padre durante l´attesa del figlio.
La ricerca realizzata su un campione
di 327 mariti, dimostrava come un futuro padre su 9, circa l´11% del campione,
manifestasse sintomi particolari quali perdita di appetito, mal di denti e
nausea. Proprio i più classici disturbi che sopravvengono nella donna durante
la gravidanza. I due studiosi definirono il disturbo sindrome della couvade (covata) e la interpretarono come una forma di
somatizzazione dei disturbi dei quali soffrivano le mogli in attesa, che si
verificava a causa della situazione d´ansia che i futuri papà sperimentavano
rispetto al grande cambiamento in atto. I problemi erano quelli che i limiti
della mancanza del legame fisico tra il padre e il bambino e quelli di distacco
affettivo impliciti nel ruolo sociale di padre imponevano alla piena
espressione delle paure e delle angosce per l´imminente paternità. Attraverso
la somatizzazione il futuro papà oltre a esprimere questo vissuto stressante
rivendicava allo stesso tempo una partecipazione più attiva all´evento che si
prospettava. Il fenomeno però veniva letto solo alla luce della psichiatria
transculturale , la sindrome della covata" era stata interpretata dal
punto di vista della cultura proprio perché il padre non poteva mostrarsi con
delle vulnerabilità.
In effetti, prima ancora che l´espressione venisse utilizzata dai ricercatori inglesi, la couvade indicava una serie di rituali che nelle società tribali riassorbivano in maniera indolore i possibili disagi legati al passaggio di stato verso la paternità. Estremamente vari e spesso molto diversi tra loro, questi rituali potevano prevedere che il futuro padre seguisse la stessa dieta e le stesse prescrizioni di cautela, come l´evitare di sollevare pesi, previste per la donna incinta. In altri casi, dopo il travaglio e la nascita del bambino, il padre si metteva a riposo e si asteneva da ogni attività, ricevendo quelle cure e quelle visite del gruppo che durante la gravidanza erano state destinate alla madre. In altre culture ancora, alla comparsa dei primi dolori del travaglio da parte della compagna, il futuro padre iniziava a imitare i movimenti del parto. Attraverso l´imitazione della maternità ognuno di questi riti a suo modo attribuiva un riconoscimento sociale e materiale analogo alla condizione di paternità.
In Italia è stato recentemente messo in atto uno studio dal professore Mencacci e dalla sua equipe milanese dell´Ospedale Fatebenefratelli. Il campione era costituito da 120 neopapà italiani con un´età di circa 35 anni, un lavoro stabile e un livello di istruzione medio-alta. I risultati, ottenuti sulla base di scale di valutazione specifiche come la Scala di Edimburgo utilizzata anche per la valutazione del post-parto nelle donne, evidenziano che il 5% dei neopapà del campione ha mostrato una forma di depressione a fronte del 10% della percentuale di donne che soffre dello stesso disturbo, con una differenza nella durata dei sintomi che nei padri è di circa un anno, un po´ meno che nelle madri.
Anche sul fronte delle cause scatenanti, le differenze di genere ci sono. Nella donna infatti la depressione post parto ha degli interessi ormonali e biologici notevoli. Nell´uomo la lettura del fenomeno dal punto di vista biologico è quella di una reazione all´attivarsi di situazioni di stress da parte di soggetti che in passato hanno già sofferto di episodi di ansia o che hanno una familiarità con il disturbo depressivo. E’ sotto la pressione del cambiamento di richieste, così come del senso di esclusione dal rapporto privilegiato madre-figlio, del cambiamento fisico della compagna, delle implicazioni in termini di sessualità e di rapporto di coppia modificato che i padri cedono. Il disturbo si manifesta allora con perdita di interesse e di senso, incapacità di dare qualsiasi contributo, anche con sintomi somatici come stanchezza, mal di schiena e disturbi del sonno.
In entrambi i casi però rimane l´importanza di prestare la giusta attenzione ai due poli della genitorialità, al diventare padre così come al diventare madre e a tutti i diversi cambiamenti legati al passaggio da coppia a famiglia. Alla ricerca e alle strutture di sostegno familiare il compito di rilevare questi cambiamenti, accompagnandoli verso lo sviluppo di una genitorialità diversa, più autentica e priva di lati oscuri.
La depressione maschile scatenata dall´arrivo di un figlio resta ancora un fenomeno poco comprensibile. Tutti si aspettano che una nascita sia per forza di cose un momento di gioia, ma non sempre è così. Nella società moderna il sesso forte diventa un remoto ricordo, e se le donne vivono grandi disagi, i maschi soffrono enormi debolezze. Molto probabilmente si tratta invece di una reazione allo stress, una difficoltà di adattamento associata a diversi fattori. Molti padri, per esempio, oggi sono assolutamente impreparati al progetto genitoriale, alla trasformazione della donna durante e dopo la gravidanza, alla fatica di ritrovare un equilibrio di coppia dopo la nascita di un bimbo e all´impossibilità materiale che tutto ritorni come prima.
In effetti, prima ancora che l´espressione venisse utilizzata dai ricercatori inglesi, la couvade indicava una serie di rituali che nelle società tribali riassorbivano in maniera indolore i possibili disagi legati al passaggio di stato verso la paternità. Estremamente vari e spesso molto diversi tra loro, questi rituali potevano prevedere che il futuro padre seguisse la stessa dieta e le stesse prescrizioni di cautela, come l´evitare di sollevare pesi, previste per la donna incinta. In altri casi, dopo il travaglio e la nascita del bambino, il padre si metteva a riposo e si asteneva da ogni attività, ricevendo quelle cure e quelle visite del gruppo che durante la gravidanza erano state destinate alla madre. In altre culture ancora, alla comparsa dei primi dolori del travaglio da parte della compagna, il futuro padre iniziava a imitare i movimenti del parto. Attraverso l´imitazione della maternità ognuno di questi riti a suo modo attribuiva un riconoscimento sociale e materiale analogo alla condizione di paternità.
In Italia è stato recentemente messo in atto uno studio dal professore Mencacci e dalla sua equipe milanese dell´Ospedale Fatebenefratelli. Il campione era costituito da 120 neopapà italiani con un´età di circa 35 anni, un lavoro stabile e un livello di istruzione medio-alta. I risultati, ottenuti sulla base di scale di valutazione specifiche come la Scala di Edimburgo utilizzata anche per la valutazione del post-parto nelle donne, evidenziano che il 5% dei neopapà del campione ha mostrato una forma di depressione a fronte del 10% della percentuale di donne che soffre dello stesso disturbo, con una differenza nella durata dei sintomi che nei padri è di circa un anno, un po´ meno che nelle madri.
Anche sul fronte delle cause scatenanti, le differenze di genere ci sono. Nella donna infatti la depressione post parto ha degli interessi ormonali e biologici notevoli. Nell´uomo la lettura del fenomeno dal punto di vista biologico è quella di una reazione all´attivarsi di situazioni di stress da parte di soggetti che in passato hanno già sofferto di episodi di ansia o che hanno una familiarità con il disturbo depressivo. E’ sotto la pressione del cambiamento di richieste, così come del senso di esclusione dal rapporto privilegiato madre-figlio, del cambiamento fisico della compagna, delle implicazioni in termini di sessualità e di rapporto di coppia modificato che i padri cedono. Il disturbo si manifesta allora con perdita di interesse e di senso, incapacità di dare qualsiasi contributo, anche con sintomi somatici come stanchezza, mal di schiena e disturbi del sonno.
In entrambi i casi però rimane l´importanza di prestare la giusta attenzione ai due poli della genitorialità, al diventare padre così come al diventare madre e a tutti i diversi cambiamenti legati al passaggio da coppia a famiglia. Alla ricerca e alle strutture di sostegno familiare il compito di rilevare questi cambiamenti, accompagnandoli verso lo sviluppo di una genitorialità diversa, più autentica e priva di lati oscuri.
La depressione maschile scatenata dall´arrivo di un figlio resta ancora un fenomeno poco comprensibile. Tutti si aspettano che una nascita sia per forza di cose un momento di gioia, ma non sempre è così. Nella società moderna il sesso forte diventa un remoto ricordo, e se le donne vivono grandi disagi, i maschi soffrono enormi debolezze. Molto probabilmente si tratta invece di una reazione allo stress, una difficoltà di adattamento associata a diversi fattori. Molti padri, per esempio, oggi sono assolutamente impreparati al progetto genitoriale, alla trasformazione della donna durante e dopo la gravidanza, alla fatica di ritrovare un equilibrio di coppia dopo la nascita di un bimbo e all´impossibilità materiale che tutto ritorni come prima.
Va
detto inoltre che ogni uomo può sperimentare
dubbi e timori di fronte a un evento così importante come la nascita di
un figlio. Ci si chiede come sarà la vita ‘dopo’, come cambierà la relazione
con la compagna, si ripensa al figlio che si è stati e ci si interroga sul
padre che si diventerà. Partecipare a un corso di accompagnamento alla nascita è una bella opportunità per
incontrare altri futuri padri, scoprire che certi interrogativi
sono comuni e, così, sentirsi più consapevoli delle proprie sensazioni.
Diventare
padre è un percorso sicuramente diverso da quello della futura mamma ma
altrettanto entusiasmante e delicato. I futuri papà stanno vivendo un momento
importante ed unico che cambierà per sempre la loro vita, e allora bisogna viverlo al meglio!
Un ottimo spunto di riflessione su un problema che non sapevo avesse una così forte incidenza. A quanto sembra c'è un bel pò di lavoro in arrivo per i consultori!!!
RispondiEliminaSalve! io sto scrivendo la tesi su questo argomento... mi sto laureando in psicologia presso l'università di Torino... è un tema nuovo quello della DPP paterna e gli articoli scientifici a volte non bastano (ricerche solo negli ultimi anni).. saprebbe indicarmi dei libri? grazie!
RispondiEliminaGentile Giuseppe,
Eliminale suggerisco di leggere le interessanti ricerche del Dr. Claudio Mencacci dell'Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano.
Inoltre le consiglio anche il seguente articolo "Prenatal and Postpartum Depression in Fathers and Its Association with Maternal Depression" di James F. Paulson e Sharnail D. Bazemore (JAMA, May 19, 2010 - Vol. 303, No 19).
Per quanto riguarda i libri, sinceramente non le saprei dire se esistono testi specifici sull'argomento, le consiglio comunque i lavori di Martin Greenberg dove, pur non affrontando direttamente la depressione post partum paterna, vengono analizzate le difficoltà specifiche della figura maschile.
Spero di esserle stata d'aiuto!
In bocca al lupo per la sua tesi!
Un caro saluto
Dott.ssa Romina Barone
Grazie mille! è stata di grande aiuto! crepi il lupo comunque... a presto!
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